E' pacifico il fatto che un chiarimento da parte del nostro buon vecchio clEMENTE sulla vicenda De Magistris non lo otterremo mai. Si limiterà ad addossare le responsabilità del caso al suo ministero senza degnarci nemmeno di una spiegazione. Inoltre quando si parla di banche, scalate, intrecci tra alta finanza e politica si ha sempre l'impressione di capirci poco o nulla. Molte persone non si sforzano nemmeno di farlo perchè ritengono che siano questioni troppo grandi per loro.
Per queste ragioni proponiamo ai nostri lettori un editoriale-inchiesta di Andrea Cinquegrani tratto da "La voce delle voci" allo scopo di fare luce o per lo meno rendere più comprensibile l'intera vicenda. Il testo è lungo e complesso. Chi non avesse voglia di leggerlo per intero, anche per mancanza di tempo, può limitarsi a dare un'occhiata alle parti sottolineate per avere quantomeno un quadro generale.
Zitti e ammutinati di Andrea Cinquegrani
Per anni zitte e mute le procure di mezza Italia e autorità di controllo come Bankitalia e Consob su uno scandalo annunciato e ora al vaglio degli inquirenti a Catanzaro: quello della maxi cartolarizzazione targata Bper-Mutina. Qualche voce, però, aveva già denunciato l’affaire…
Cartolarizzazioni a go go anche in un’altra vicenda che sa tanto di Parmalat. Protagonista dell’affaire da non meno di 10 mila miliardi di vecchie lire il gruppo Banca Popolare dell’Emilia Romagna - BPER per gli aficionados - e il suo braccio operativo, una società a responsabilità limitata modenese, Mutina. Il bubbone sta man mano venendo a galla in una maxi inchiesta condotta dalla procura di Catanzaro su una cupola affaristica che ha fatto il bello e cattivo tempo in Basilicata, coinvolgendo, in una sfilza di affari, pezzi da novanta della politica locale, dell’imprenditoria, faccendieri, banchieri ma anche magistrati (per questo l’inchiesta è approdata alla procura calabrese). «Si tratta di un’inchiesta - commentano a palazzo di giustizia - che sta facendo luce su grossi business foraggiati con danaro pubblico, fondi regionali, nazionali ed europei. Come è successo per l’inizio di Tangentopoli con la mazzetta di Chiesa per il Pio Albergo Trivulzio, anche gli inquirenti di Catanzaro sono partiti da una vicenda, per poi arrivare a una grossa rete di affari. Ora, a quanto pare, sarebbero arrivati a quello più grosso. Che si chiama Mutina». Da svariati miliardi di euro, appunto. Un affare che la Voce ha denunciato e descritto nei suoi dettagli un anno e mezzo fa, per la precisione ad ottobre 2005. Ma ecco di cosa si tratta.
Sul finire degli anni ’90 una serie di Popolari, soprattutto del centro sud, si trovano in una pesante situazione finanziaria. Emblematico il caso della Popolare dell’Irpinia, balzata agli onori delle cronache col dopo terremoto del 1980, come “lo sportello di casa De Mita”, visto che un grosso pacchetto azionario era detenuto proprio da Ciriaco De Mita (oggi segretario regionale della Margherita e pezzo da novanta nel nascente Partito Democratico) e dai suoi familiari. Fa grossi affari, la Popolare guidata dal demitiano di ferro Ernesto Valentino, proprio con la ricostruzione post sisma; così come, sul versate lucano, sono tempi di vacche grasse per la Popolare di Pescopagano, cresciuta e pasciuta sotto l’ala protettiva dell’ex ministro del Bilancio Paolo Cirino Pomicino (oggi membro della commissione Antimafia), poi passata sotto l’ombrello della Banca di Roma (ora Capitalia) dell’andreottiano Cesare Geronzi. Finita la pacchia, dunque, anche per la Popolare avellinese arrivano i tempi duri, culminati con un’ispezione al vetriolo di Bankitalia che mette a nudo una serie di magagne contabili e organizzative. A questo punto, spunta una nuova sigla, la Banca della Campania, che fa un sol boccone dell’Irpinia e della consorella di Salerno, anch’essa protagonista dello stesso copione (ispezioni, denunce, gestione allegra e via di questo passo).
Nel 2003 il colpaccio. Cosa succede? Il gruppo BPER-Carime fa un sol boccone di 9 banche popolari: oltre a quelle dell’Irpinia e di Salerno (già racchiuse nell’unico scrigno di Banca Campana), quelle di Matera (da qui parte un filone-base dell’inchiesta di Catanzaro), di Crotone, di Lanciano e Sulmona, di Aprilia, nonché la Banca del Monte di Foggia, la Banca di Sassari, la Cassa di risparmio della provincia dell’Aquila. «E’ la prova del 9 per il decollo della BPER sul grande mercato bancario nazionale», commentano alcuni in Borsa.
BOND & FONTANE
Ma vediamo meglio cosa in realtà è successo. Ecco come descriveva l’operazione la Voce nel suo reportage di ottobre 2005. «Cosa fanno allora i vertici Bper-Carime? Pensano bene di cartolarizzare tutti i crediti, o presunti tali, delle nove banche incorporate. Come dire, Totò e la fontana di Trevi: io metto nel mio attivo una montagna creditizia di cui non so un accidenti e subito butto sul mercato una valanga di obbligazioni. Proprio nel perfetto stile Cirio e Parmalat. E i bond, a quanto pare, nell’arco dell’ultimo biennio sono stati adeguatamente collocati presso la solita ignara, “sprovveduta” clientela di risparmiatori. Per un totale di circa 800 milioni di euro, viene precisato dalla sola Banca della Campania. Aggiungendo le altre sette banche, si arriva a sfiorare i 10 mila miliardi delle vecchie lire. Non male». I meccanismi dell’operazione di “cessione dei crediti”, tramite la Mutina, si svolgono lungo l’asse Modena-Londra, in perfetto stile James Bond (visto che del resto si parla di titoli, di bond). 27 giugno 2002, Princes House, Gresham street, Londra: presso l’elegante studio del notaio Sophie Jane Jenkins viene siglato il primo contratto di cessione dei crediti tra Popolare dell’Irpinia, rappresentata da Antonio De Stefano, e Emilio Annovi, in quota Mutina. Il tutto fa seguito ad una delibera del cda dell’istituto avellinese, dove si dava l’ok alla cessione. Sorpresa! Fra tutte le carte accuratamente sottoscritte davanti al notaio londinese, manca l’allegato fondamentale, quello relativo al maxi elenco dei crediti ceduti: al suo posto, due misere paginette sbarrate e con una inequivocabile scritta, “omissis”. «In realtà - spiegano i tecnici - secondo la legislazione britannica i notai sono tenuti ad autenticare le firme, a sapere che è realmente tizio che vende a Caio. Se poi si tratta della fontana di Trevi, al notaio poco interessa». Miracolo dopo soli tre mesi. Quell’allegato fantasma compare per incanto presso lo studio del notaio di Cavezzo, a un tiro di schioppo da Modena, Fabrizio Figurelli, al quale lo stesso Annoni aveva chiesto tutti gli atti autenticati da Jenkins. «Un falso, un falso in piena regola, quel documento», tuona l’ingegnere avellinese Giuseppe Testa, uno dei presunti “debitori” della Popolare dell’Irpinia, una vita e una storia - ad 80 anni passati - per denunciare il malaffare del sistema bancario. In parole povere, BPER ha ceduto a Mutina una montagna di crediti in buona parte (si parla di almeno il 30-40 per cento) inesigibili, poi però magicamente tramutati in moneta sonante via cartolarizzazione, alla faccia degli ignari risparmiatori. Anni fa Testa denunciò la banca irpina per “tassi di usura”. In seguito è stato un crescendo rossiniano, culminato in una raffica di denunce presentate da inizio 2005 in ben quattro procure: Avellino, Napoli, Roma e Modena. «Mai una risposta, niente - denuncia Testa - sempre, costantemente un muro di gomma».
E’ il 21 aprile 2005 quando l’ingegnere denuncia alla procura di Modena, in sette esplosive pagine di eposto, che «alcun controllo la Mutina ebbe ad eseguire sui crediti dichiarati dalla Popolare dell’Irpinia e riportati nel libro crediti posto a base della cessione; la Mutina accettò all’oscuro la cessione di crediti pro soluto. Mutina, che aveva l’obbligo di vigilanza, ha accettato la cessione e cartolarizzato questi crediti assumendosi finale responsabilità di quanto sta accadendo». Il 23 agosto denuncia alla procura di Avellino «l’atto papocchio londinese» perché proprio su quella scorta «si stanno commettendo in Italia meridionale una serie di gravi abusi, truffe, estorsioni e altri gravi reati sanzionabili penalmente». Ma qualcun altro, ancora prima, aveva lanciato l’sos. Un piccolo risparmiatore salernitano, Giovanni Pecoraro, oggi presidente del Sinpa, un sindacato nato a tutela dei piccoli risparmiatori taglieggiati dalle banche. Il primo campanello d’allarme è addirittura del 1997, quando si rivolge a Bankitalia e Consob per vigilare sulle «opa lanciate dalla Popolare dell’Emilia Romagna sulle popolari dell’Irpinia e di Salerno». L’anno dopo denuncia quest’ultimo istituto chiedendo «la restituzione di tutte le somme indebitamente percepite e inoltra il suo articolato esposto alla procura salernitana». Il solito assordante silenzio. Passa poi, nel 2000, al Csm, chiedendo «come mai la procura di Salerno, malgrado nostri solleciti, non ci porti a conoscenze delle indagini sulle questioni prospettate». Anche Pecoraro approda alla Procura di Modena, dove ad ottobre 2002 presenta un altro esposto, denso di cifre e circostanze inquietanti, sollevando pesantissimi dubbi sull’operazione di marca BPER per il controllo delle popolari del Sud. L’anno seguente, l’ennesimo esposto, contro «quei magistrati che hanno insabbiato tutto». Un vero e proprio muro di gomma, che va avanti da anni, coinvolge procure di mezza Italia e le autorità di controllo (Bankitalia e Consob in prima fila). Riuscirà adesso la procura di Catanzaro a rompere quel muro?
La nostra iniziativa (vedi sotto). Cogliamo l’occasione per segnalare ai nostri lettori un blog di un piccolo comune, che si occupa di piccole problematiche… Non è il sito del celebre assessore di Zelig Palmiro Cangini ma di una cittadina in provincia di Latina: Minturno. Cliccate www. minturnosviluppo.blogspot.com
Caro Mastella mi spiace vedere che proprio non ci siamo, non ha capito nulla di Grillo e di tutti noi. E' ora di finirla, siamo tutti stanchi sfiniti di sentirci prendere in giro! Della vicenda Pelliciardi Lei e dico Lei dovrebbe avere per lo meno la delicatezza di non nominare quella povera famiglia, mi faccia il piacere! Lei è instituzionalmente responsabile di quello che è accaduto e aimè se dovesse capitare una situiazione simile a qualche mio caro: le giuro che io personalmente e non istituzionelmente non mi ritengo responsabile delle mie azioni!
saluti
Artur Lleshi
(spero di poter uscire al più presto!)
19 settembre 2007 0.33